In questo periodo di emergenza da Covid19, in cui tutto il mondo è concentrato su questo virus, tutti i governi, gli scienziati, i medici, ecc., tutti, senza eccezioni, pensano solo a questo problema, a come limitare la diffusione, limitare il numero di morti, trovare un vaccino o una medicina per affrontare e porre fine a questo flagello.
L’ Est della R.D.C., come al solito da più di un decennio ormai, oltre a questo flagello, è gravata da altre sue emergenze specifiche, condizioni inaudite e drammatiche, tanto che alcuni pensano che questa parte della Terra sia dimenticata da Dio (e la gente mette in dubbio la propria fede), altri pensano che sia una parte offerta in sacrificio assieme ad intere generazioni della sua popolazione.
Le famiglie non sanno a cosa dare priorità. Cosa fare per proteggere se stessi e le loro famiglie? Poiché le molteplici sfide da affrontare si stanno ammassando nella mente di molte persone, è stato necessario far loro capire che il Coronavirus esiste ed è necessario proteggersi da esso utilizzando le misure di protezione raccomandate dall’OMS e dal Governo, che hanno portato le autorità a confinare le province, a confinare i centri abitati e i territori, a chiudere i confini del Paese, a vietare alle persone con più di 60 anni di lasciare le loro case.ù
Tutte queste misure hanno provocato la fame, poiché la provincia del Kivu meridionale dipende quasi totalmente dalle importazioni. Almeno l’80% del cibo viene importato, perché la popolazione a causa delle condizioni di rischio delle campagne ha lasciato da tempo i villaggi e i campi per rifugiarsi nel centro o nella periferia della città, con la conseguenza di abbandonare le attività agricole; altri hanno preferito trasferirsi nella vicina area mineraria, addirittura molti campi agricoli ed interi villaggi sono stati trasformati in cave minerarie. Con la chiusura delle frontiere, si assiste ora a un notevole aumento dei prezzi in tutti i mercati per tutti i prodotti agricoli, senza eccezioni.
Non si tratta solo di virus e fame…
Oltre al problema della fame che si sta vivendo in molte famiglie, il rumore degli stivali si fa sentire qua e là con l’incursione di forze straniere nemiche nell’Est del paese, costringendo alcune popolazioni a fuggire dai loro territori per cercare sicurezza.
Come se non bastasse, a questo si aggiungono le catastrofi naturali, con piogge abbondanti e conseguenti alluvioni che erodono tutto ciò che si trovano sul loro cammino. A Uvira, seconda città per grandezza del Sud Kivu, centinaia di case sono state spazzate via dall’acqua che ha allagato la città, distruggendo tutti i ponti, le strade, ecc. Le conseguenze sono enormi, nessun ponte è stato risparmiato così che di fatto la città di Uvira è isolata dal resto del paese, la gente non sa più dove andare, molte famiglie rimangono senza casa, i dispersi sono tantissimi, il loro numero non è ancora noto, i funzionari parlano di una ventina di morti, ma secondo la società civile sono senz’altro molti di più.
Di fronte a tutto questo, la povera gente perde la sua fede! Non sanno più a chi rivolgersi o quali peccati hanno commesso… forse Dio ci ha abbandonati? Le nostre autorità ci stanno sacrificando? La natura si ribella contro noi? Quante domande senza risposta.
Non solo il timore di nuove incursioni di ribelli armati, c’è anche il saccheggio del bestiame, la gente ha paura di abbandonare i campi, ma dall’altra parte ci sono anche i disastri naturali, davanti ai quali la gente è impotente, e in più la necessità di trovare cibo per sopravvivere alla fame.
Una situazione che sembra senza uscita
Ora, per molti, la domanda è: la priorità è affrontare l’emergenza Covid19, con il confinamento e l’attuazione di misure di barriera? la risposta non c’è… Perché in alcuni luoghi, come Uvira, la gente non è più in condizione di osservare queste misure. E anche in certe zone dove iniziano a farsi vedere bande armate nemiche, restare nei campi può significare anche mettere in pericolo la propria vita.
Inoltre nel centro della città c’è una recrudescenza del banditismo, perchè le prigioni sono state in parte svuotate per evitare morti legate a Covid19; una decisione ragionevole da parte delle autorità, ma che ha riportato in libertà individui pronti a derubare onesti cittadini inermi.
Il Covid19 colpisce l’economia con un notevole aumento dei prezzi sul mercato, e questo è dovuto alla scarsità di prodotti in quanto tutto è importato. Il dollaro americano prima era per noi una moneta di scambio comune, ma con la chiusura delle frontiere non c’è più alcuna importazione di questa valuta, e la sua scarsità nelle banche e nei mercati porta all’inflazione della valuta locale. Presso le banche, su un conto in dollari, il prelievo viene scambiato in franchi congolesi al tasso di 1$=1700Fc, ma sul mercato per acquistare un prodotto di 1$ sono necessari da 1850 a 1900 franchi congolesi.
Le autorità stesse sono disorientate, non sanno più quale sia la priorità… Continuare a salvaguardare la popolazione con le severe misure di protezione dal Covid19, oppure fornire alle vittime delle catastrofi naturali cibo e beni di prima necessità? Sbloccare i villaggi aprendo le vie di accesso alle aree agricole per rifornire i centri urbani di generi alimentari, garantendo nel contempo la sicurezza dei territori di queste zone?
Serve una fede ancora più grande
La buona fede delle nostre autorità si avverte ovunque, ma è non è sufficiente, abbiamo bisogno di qualcosa in più, abbiamo bisogno di un sostegno, abbiamo bisogno del contributo di ogni cittadino per la solidarietà sociale, abbiamo bisogno che ciascuno faccia appello alla propria coscienza, abbiamo bisogno dell’amore per il prossimo! Senza il sostegno di tutti noi, non possiamo affrontare tutti questi problemi che abbiamo davanti e di fronte ai quali dobbiamo trovare l’unità per combatterli insieme.
Ed è qui che la nostra fede deve essere ancora più grande, nell’affermare che il respiro che abbiamo ancora, la vita che abbiamo ancora, perché non siamo stati spazzati via dalla pioggia, dall’erosione, dall’insicurezza, dal coronavirus, ecc.. è perché c’è un Essere supremo in cui crediamo e che ci ha risparmiato da tutto questo. La domanda da porsi è: cosa sta facendo ognuno di noi per aiutare gli altri come Dio sta aiutando noi in questo momento?
Personalmente penso di non avere risposte precise a tutte le domande che la gente si pone in questo momento, ma so che Dio è lì e continua ad agire, perché chi è sfuggito al coronavirus, all’alluvione, all’insicurezza, potrà dire che è grazie a Dio che è vivo, è grazie a Dio che non è stato colpito.
Agire in solidarietà ora sarà molto meglio che stare a guardare, perchè le nostre possibilità di intervento senza gli altri sono limitate… la prova è che, indipendentemente dal denaro, a Uvira le case dei ricchi e dei poveri sono state spazzate via entrambe, ed è stato quindi necessario intervenire per far defluire il corso dell’acqua per tutti e non solo per noi stessi. Fino a qualche mese fa, la gente si riforniva facilmente dall’estero, bastava avere i soldi e nessuno pensava a promuovere la nostra agricoltura; oggi invece, ricchi o poveri che siamo, cerchiamo insieme di iniziare a coltivare prodotti agricoli localmente e a buon prezzo. In caso di pericolo, i ricchi portavano facilmente le loro famiglie all’estero per metterle in un luogo sicuro, la stessa cosa valeva per l’assistenza sanitaria… ma oggi siamo tutti confusi su come affrontare l’insicurezza del territorio, e come utilizzare tutti gli stessi servizi sanitari locali con i loro limiti, ecc.
Ecco, giunti a questo punto, penso che la nostra felicità debba essere condivisa con gli altri, nello stesso modo in cui vorremmo avere sicurezza, dobbiamo agire insieme per far fronte ai problemi, e dobbiamo adoperarci tutti per migliorare i nostri ospedali e beneficiare tutti insieme delle cure che desideriamo.
C’è un detto: “Chi non è stato educato dalla sua famiglia sarà educato dalla società”. Allo stesso modo oggi si può dire: ciò in cui la società non ci ha educato, sarà la vita con le esperienze vissute che ci dovrà insegnare, perché possiamo correggere la nostra educazione e la nostra percezione della vita stessa.
Pierre Lokeka